Storie d’amore e di perdono
Carissima Carla,
come mi ha colpito la briciola di settembre! Forse perchè parla di malati, di speranze, di paura, che io incontro quotidianamente in quella che mi piace chiamare “la mia missione”, non “il mio lavoro”, perchè proprio a questo mi sento chiamata da Dio. L’ho sentito tanto tempo fa e lo sento ancora più forte ora che, grazie a Lui, posso trascorrere ogni mia giornata a cercare di curare, aiutare, rassicurare e consolare i malati che Lui mette sulla mia strada.
Ti ringrazio perchè preghi per i medici, abbiamo tanto bisogno di umiltà, di spirito di servizio, di pazienza e di fede. Solo così potremo realizzare i Suoi progetti, non i nostri.
Barbara a casa di Carla
Tante volte non è facile, ma quando riesco a fare per un malato qualcosa di più del semplice “curare”, ne ricevo una ricompensa immensa. Pensa che proprio questa settimana è morta una mia paziente. Era grave ma in lieve miglioramento rispetto ai giorni passati, quindi non ce lo aspettavamo. La figlia, appena saputo che la madre era morta, con gli occhi lucidi è venuta da me e da un mio collega e ci ha detto: “GRAZIE, PERCHE’ AVETE FATTO PIU’ DI QUANTO ERA NECESSARIO”. E’ stata una cosa che mi ha riempito il cuore e mi ha ampiamente ripagato di tutti gli sforzi che ho fatto per lei, non solo nel curarla ma soprattutto nello stare accanto ai suoi parenti, aggiornandoli sulle condizioni, parlando loro con calma, ascoltando le loro preoccupazioni. E’ questo che amo del mio lavoro, stare accanto alle persone. Credo che sia questo ciò che Dio ha voluto per me, e prego di poter fare sempre più la Sua volontà, e non la mia.
Io ti penso e prego per te. Barbara – giovane medico di RE
- “Grazie Carla per la lettera che hai scritto al Direttore di Avvenire. Leggendola ho rivissuto la mia vita con mio marito Aldo. Era medico ospedaliero, Primario. Non ha mai fatto libera professione. Diceva: l’operaio vive col suo stipendio, io, noi, dobbiamo vivere col nostro. E poi c’è la Provvidenza! Ha sempre dato. Abbiamo pensato ai tre figli: laurea, casa e tutto ciò che era necessario per crescere. Ogni volta che dava, prima mi chiedeva: “Ci restano i soldi per il funerale?”. Non ho mai capito questa sua preoccupazione, forse che la Provvidenza pensa a tutto, ma non al funerale?. Ma quando è morto, dopo 8 mesi di letto senza mai mettere i piedi in terra, i soldi per il funerale non c’erano. Ha provveduto un figlio.
Come medico voleva che i malati non fossero trattati come numero o caso o malattia, ma come persona degna di ogni attenzione, cura e rispetto. Leggere la tua lettera al Direttore “IL BENE CHE C’È. E CHE SERVE”, è come leggere la Beatitudine “vissuta” e tutte le opere di misericordia rese nel quotidiano. E’ vero: “fare il bene è dare se stessi”. Angela - Le storie che mi arrivano, sono storie di amore, di dedizione, di perdono. Come quella di Silvia, un’amica che mi ha scritto: “Prego perché mio marito, dopo aver mangiato le ghiande dei porci… torni a noi e io sarò lì ad aspettarlo, l’abbraccerò perché è tornato alla casa del padre”. Lui, dopo la nascita della loro terza figlia handicappata gravissima, anocefala, l’ha lasciata per un’altra donna, divorziata due volte e con figli. Alla piccola Lucia avevano dato pochi mesi di vita, ora ha compiuto tre anni.
Mamma Luisa da tre anni fa la spola fra la sua casa e LA CASA DI GABRY quella dove è ospitata e curata la bimba, perché non vede, non sente, non parla, non respira da sola, non inghiottisce. Silvia a casa segue gli altri due figli ancora piccoli e prega, chiede preghiere per essere pronta ad accogliere e a perdonare suo marito.
Accanto a noi vivono eroi ed eroine e non ce ne accorgiamo. - A LOURDES, dove sono andata col pellegrinaggio Nazionale dell’Unitalsi a fine settembre, ho ricordato tutti e ho portato tutte le richieste che mi sono arrivate, sia per e-mail (copiate) che per lettera o cartolina. Tutto ho deposto davanti alla sorgente miracolosa perché Maria ascolti ogni voce di lode e di supplica e ci benedica. Insieme alle briciole di varie regioni, presenti a Lourdes, abbiamo acceso il nostro cero, abbiamo pregato insieme e cantato l’inno: SIAMO BRICIOLE – UN SOLO PANE….Sono andata per dire GRAZIE, per questi 50 anni di contatto diretto con Lei, in quanto il primo pellegrinaggio a Lourdes l’ho fatto nel 1963. Quanti incontri da allora, anche se non tutti gli anni! Ero sola quella prima volta, non conoscevo nessuno, ora siamo migliaia ed è tutta opera Sua, perché tutto è cominciato là. Ringraziamola insieme.
Abbraccio e ringrazio ogni briciola che mi aiuta a vivere, a sperare e mi fa coraggio per continuare. Grazie, grazie, grazie. Il Signore vi ricompensi e ci benedica.
Con amicizia, la vostra briciola sempre più sbriciolata Carla Zichetti di Genova
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