La grotta è il mio cielo
L’ultima notte in giugno 1986 a LOURDES, avevo 63 anni, nel mio diario ho scritto così:
1986 – Buona notte Mamma!
Veglia sul mio riposo e sul riposo di tutti quelli che sono venuti qui a trovarti, perché credono nel tuo aiuto, nel tuo amore, nella tua materna tenerezza. Fa’ che la gioia che in questa terra sento, me la porti a casa per i giorni del dubbio, del dolore, della sfiducia, della paura.
…Forse è l’ultima volta che posso venire qui a Lourdes, mi sento troppo male, sono troppo debole, sento che la vita mi scappa… il medico mi ha praticato qui a Lourdes due flebo al giorno… allora vieni tu da me sempre.Toglimi la paura. Se tu sei con me avrò più coraggio. Resta con me Mamma, ora e sempre, come ti sento qui. (…sono passati 25 anni…)
2011. Quest’anno fino alla vigilia della partenza ho temuto di non poter tornare a Lourdes.
Due giorni prima di partire, ero stata tanto male, Luciano, malato-invalido da 55 anni, mi aveva detto al telefono: “Carla a Dio si chiedono le cose impossibili perchè le possibili le fanno gli uomini “.
Ma cosa c’è di così strano che attrae a Lourdes tanta gente? Non so spiegarlo, e credo che nessuno sappia farlo, occorre farne l’esperienza, ma con fede e umiltà, non per curiosità, altrimenti è meglio starsene a casa. Là io vedo il Paradiso, lo tocco, lo sento, perchè sento l’amore. Amore vero, puro, amore sviscerato, silenzioso, umile, amore, soltanto amore. Amore che non chiede nulla in cambio se non di poter essere donato a piene mani. Come ha scritto così bene il Manzoni:
Occupati dei guai, dei problemi del tuo prossimo.
Prenditi a cuore gli affanni, le esigenze di chi ti sta vicino.
…Ti accorgerai che la gioia a poco a poco entrerà in te,
invaderà il tuo essere, diventerà veramente tua
nella misura in cui l’avrai regalata agli altri.
Arrivare a Lourdes è come arrivare alle porte del Paradiso.
Elisa, 24 anni, studentessa al V° anno di medicina, che si è ribattezzata “da-mina vagante” perché corre ovunque c’è bisogno, mi ha scritto: “Lourdes rappresenta per me l’esperienza in assoluto più bella della mia vita, fonte di incontri toccanti, inaspettati doni del cuore e soffi di magia… Lourdes io la considero uno dei pochi sprazzi di paradiso sulla terra…lasciato cadere dai cherubini intenti a comporre un puzzle celestiale…”.
In treno ne ho fatto subito l’esperienza. Ero nel vagone “barellato”. All’altro lato del mio lettino, stava sdraiato un giovane, (poi ho saputo che ha 47 anni), del quale si vedeva la testa normale, ma dalle brevi coperte che lo coprivano spuntavano le gambe e le braccia piccole e magre come quelle di un bimbo di uno o due anni. Accanto a lui si alternavano mamma e papà, gli parlavano e interpretavano le sue risposte anche se erano solo suoni indefiniti. Quel papà soprattutto gli prendeva spesso le due mani inermi, le appoggiava entrambe sulle sue ginocchia e le carezzava, le massaggiava, muoveva quelle dita magrissime. Ogni tanto si chinava a dargli un bacio e fargli una carezza, gli carezzava i capelli. Quando gli versava l’acqua nel bicchiere per farlo bere, la mamma si alzava subito, prendeva il posto del papà e sollevava di peso quel suo figliolo, se lo metteva sulle ginocchia, poi, tenendo la testa sollevata con la mano sotto la nuca, gli dava da bere. Così per tutto il viaggio di andata e ritorno.
E’ la loro vita da 47 anni. Quei genitori avevano un sorriso per chiunque passava accanto a loro, una parola buona e un saluto per tutti, nemmeno la stanchezza traspariva dai loro volti. Chi e cosa li sostiene?
In fondo al corridoio stavano due donne. Una sdraiata immobile e sorridente, l’altra l’assisteva in tutto. Credevo fossero mamma e figlia, invece sono due gemelle, abbandonate alla nascita (forse) per la malformazione di una di loro, le ha allevate la nonna. Ora sono donne mature, la nonna non c’è più, una è diventata l’angelo dell’altra il suo respiro, le sue braccia, la sua parola, i suoi desideri esauditi, tutto, tutto, tutto. Amore senza limiti, amore sconfinato.
Così ho cominciato il pellegrinaggio, ho visto, sentito e capito che è l’amore il vero miracolo.
Questa è la preghiera che si impara a Lourdes, la preghiera che si concretizza nell’amore. Un amore che dà tutto e non chiede nulla, neanche un bacio di ricambio.
Ecco cos’è Lourdes. Non è poesia, fanatismo, illusione, esaltazione, no, è Paradiso.
Da Lourdes non si torna guariti nel corpo, ma nell’anima sì, sia da parte di chi riceve, ma anche da parte di chi dà, perché impara cosa vuol dire non soltanto curare, ma prendersi cura di tutta la persona. E’ un’esperienza che, chi può, dovrebbe fare almeno una volta nella vita, in particolare chi, per professione si occupa di malati, perchè di posti così, dove il dolore si trasforma in un momento di Paradiso, non ne conosco tanti sulla terra.Bernardette, nella sua sofferenza, diceva:
LA GROTTA È IL MIO CIELO.
E lo è per tutti quelli che si avvicinano con lo stesso spirito con cui si recava lei a quella Grotta.
Grazie a Sandro che mi ha accompagnata, a tutti quelli che ho incontrato e che mi hanno suggerito questi pensieri.
Con amicizia Carla Zichetti
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