A coloro che si sentono falliti…
“Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo” (Col1,24)
Questa lettera la scrivo un po’ anche a me. Sono convinto che tutti nella vita ci siamo portati dentro un sogno, che poi all’alba abbiamo visto svanire…
Io, per esempio, mi figuravo una splendida carriera. Volevo diventare santo. Cullavo l’idea di passare l’esistenza tra i poveri in terre lontane, aiutando la gente a vivere meglio, annunciando il Vangelo senza sconti, e testimoniando coraggiosamente il Signore Risorto. Ora capisco che in questo sogno eroico forse c’entrava più l’amore verso me stesso che l’amore verso Gesù. Comprendo, insomma, che in quegli slanci lontani della mia giovinezza la voglia di emergere prevaleva sul bisogno di lasciarmi sommergere dalla tenerezza di Dio.
Ecco, a tutti voi che avete la bocca amara per le disillusioni della vita voglio rivolgermi, non per darvi conforto col balsamo delle buone parole, ma per farvi prendere coscienza di quanto siete omogenei alla storia della salvezza.
A voi che non avete trovato mai spazio, e siete usciti da ogni graduatoria, e vi vedete scavalcati da tutti.
A voi che una malattia, o una tragedia morale, o un incidente improvviso, hanno fatto dirottare imprevedibilmente sui binari morti dell’amarezza.
A voi che il confronto con la sorte felice toccata a tanti compagni di viaggio rende più mesti, pur senza ombra di invidia.
A tutti voglio dire: volgete lo sguardo a Colui che hanno trafitto!
La riuscita di un’esistenza non si calcola con i fixing di Borsa. E i successi che contano non si misurano con l’applausometro delle platee, o con gli indici di gradimento delle folle.
Da quando l’Uomo della Croce è stato issato sul patibolo, quel legno del fallimento è divenuto il parametro vero di ogni vittoria, e le sconfitte non vanno più dimensionate sui naufragi in cui annegano i sogni. Anzi, se è vero che Gesù ha operato più salvezza con le mani inchiodate sulla Croce, che con le mani stese sui malati, nell’atto del prodigio, vuol dire, cari fratelli delusi, che è proprio quella porzione di sogno, che se n’è volata via senza realizzarsi, a dare ai ruderi della nostra vita, come per certe statue monche dell’antichità, il pregio della riuscita.
Non voglio sommergervi di consolazioni. Voglio solo immergervi nel Mistero. Nella cui ottica una volta entrati, vi accorgerete che gli stralci inespressi della vostra esistenza concepita alla grande, non soltanto sono inutili, ma costituiscono il fondo di quella Cassa deposito e prestiti che alimenta ancora oggi l’economia della salvezza.
A nome di tutti coloro che ne beneficiano vi dico grazie!
Vostro Don Tonino Bello
Questa riflessione l’ha inviata un’amica il cui matrimonio è fallito dopo più di 30 anni di unione. Ho pensato di farla conoscere a tante persone che vivono esperienze dolorose e inspiegabili e a quelle che in un modo o in un altro (e ci siamo dentro un po’ tutti) si sentono smarriti, falliti o incerti sulla strada da scegliere.
Don Tonino, Vescovo di Molfetta morto ancor giovane alcuni anni fa, ha sofferto perché non sempre è stato capito nel suo stesso ambiente, per questo le sue parole sono vere e vivono ancora.
Ottobre è il mese del ROSARIO, ricordiamoci nella preghiera. Carla Z.
P.S. Se qualcuno ha un’esperienza o una testimonianza positiva da raccontare ce la faccia conoscere. La lucerna perché possa illuminare occorre metterla in alto perché tutti ne godano lo splendore, anche questa è carità, amore vero.
No Comments